Da oltre un decennio, pressoché l’intera comunità
della Val di Susa è mobilitata per impedire la costruzione di una linea
ferroviaria ad alta velocità. In contrapposizione a media, partiti
politici, forze dell’ordine e magistratura, un grande movimento di massa
non cessa di crescere e, iniziativa dopo iniziativa, consolida la
consapevolezza di poter vincere.
I militanti e le militanti del Centro sociale Askatasuna – insieme ad Alberto Perino, Lele Rizzo, Giorgio Rossetto, Nicoletta Dosio, Mario Cavarnia e molti altri protagonisti della lotta no tav – raccontano le ragioni di un movimento che ha saputo costruire una diversa cooperazione sociale, produrre un’altra scienza, un sapere alternativo, una coscienza capace di tradursi in resistenza di massa.
Oggi, il movimento No Tav interpella il senso di alcune parole della politica, declinandole con nuovi significati: cos’è un’«istituzione», quando essa assume il volto della repressione di un’intera comunità? Cos’è la «democrazia», quando il parere del «maggior numero» viene del tutto ignorato? Cos’è lo «sviluppo», quando l’infrastruttura proposta è mera speculazione? Cosa sono le «risorse», quando il Tav appare come un gigantesco e insensato consumo di risorse naturali?
Per le popolazioni della valle di Susa nel conflitto no tav è anzitutto in gioco un diverso modello di società, di economia e di politica. Un modello che già vive dentro le forme di una soggettività radicale e massificata che diventa punto di riferimento e proposta di metodo per un nuovo agire sociale e politico.
I militanti e le militanti del Centro sociale Askatasuna – insieme ad Alberto Perino, Lele Rizzo, Giorgio Rossetto, Nicoletta Dosio, Mario Cavarnia e molti altri protagonisti della lotta no tav – raccontano le ragioni di un movimento che ha saputo costruire una diversa cooperazione sociale, produrre un’altra scienza, un sapere alternativo, una coscienza capace di tradursi in resistenza di massa.
Oggi, il movimento No Tav interpella il senso di alcune parole della politica, declinandole con nuovi significati: cos’è un’«istituzione», quando essa assume il volto della repressione di un’intera comunità? Cos’è la «democrazia», quando il parere del «maggior numero» viene del tutto ignorato? Cos’è lo «sviluppo», quando l’infrastruttura proposta è mera speculazione? Cosa sono le «risorse», quando il Tav appare come un gigantesco e insensato consumo di risorse naturali?
Per le popolazioni della valle di Susa nel conflitto no tav è anzitutto in gioco un diverso modello di società, di economia e di politica. Un modello che già vive dentro le forme di una soggettività radicale e massificata che diventa punto di riferimento e proposta di metodo per un nuovo agire sociale e politico.
Un Assaggio
Non per principio, ma per la vita e
l’esistenza stessa di un territorio, in Val di Susa ci si mobilita da
più di un decennio per impedire la costruzione di una linea ferroviaria
ad Alta Velocità. Si tratta di una comunità che ha consolidato un
movimento di massa; contemporaneamente, la lotta no tav sta trasformando
la comunità. Sono qui raccolte e presentate riflessioni e vissuti che
provano a raccontare questa esperienza. Si vuole far conoscere il
movimento osservandolo dal suo interno e allo stesso tempo ragionare
sulle difficoltà e sulle possibilità future. In Val di Susa sta
accadendo qualcosa di nuovo e inaspettato. In contrapposizione a quanto
impongono media, partiti politici, forze dell’ordine, industriali,
amministratori delegati delle imprese, cooperative di costruzione e
magistratura, un movimento di massa cresce, confligge e, iniziativa dopo
iniziativa, consolida la consapevolezza di poter vincere. Si tratta di
un processo sovversivo perché cambia le aspettative, i comportamenti,
concretizza una nuova legittimità e instaura diversi rapporti di forza.
Alcuni protagonisti di queste lotte, come in un’assemblea, prendono qui
la parola e intervengono sulle peculiarità e sulle prospettive di un
movimento che progetta e costruisce per sé una diversa cooperazione
sociale. Sono legami umani, sociali e politici che si radicano
concretamente tra la popolazione di un territorio, caratterizzati e
finalizzati a costruire e diffondere una contrapposizione, attiva e
partecipata. Credenze, esperienze, saperi, scienza altra, coscienza
antagonista e resistenza popolare si amalgamano e costruiscono una nuova
cultura di parte che potenzia e motiva la lotta, modi di ragionare e di
essere che insieme definiscono un punto di vista collettivo che sa
contrapporsi, tenere e maturare. La contrapposizione è netta, definita,
sostanziale. Questo consolida un’unità effettiva di intenti che lega e
coinvolge soggettività anche molto diverse – le differenze convivono, si
rispettano e si sostengono trovando possibilità per esprimersi e
confrontarsi, definirsi con più solidità – ciò costituisce la forza del
movimento che così si è esteso e ha espresso continuità. Proprio per
queste sue caratteristiche il conflitto no tav preoccupa chi si ritiene
padrone delle istituzioni. Il conflitto sociale è da questi considerato
il virus da isolare e annientare perché la sua diffusione propone
un’alternativa realizzabile al sistema di dominio attuale che, per
garantire grandi profitti per pochi, sviluppa solo crisi, impoverimento e
distruzione insensata di risorse collettive. Per le popolazioni della
Val Susa il persistere del conflitto sociale genera una possibile
alternativa concreta, che costruisce una diversa ricchezza: la
formazione di una soggettività antagonista radicata e massificata, che
diventa punto di riferimento e proposta di metodo per un nuovo agire
sociale e politico. Costruisce un nuovo destino. Presentiamo in questo
libro un percorso in-concluso, anzi potremmo dire che siamo ancora ai
prolegomeni di una ricerca artigianale, che si differenzia e contrappone
alle fabbriche, alle imprese istituzionali che producono
merce-informazione, merce-conoscenza e merce-scienza per sostenere
logiche di consenso per il sistema, accumulazione di denaro e privilegi.
Si propone di iniziare delle attività per la costruzione di saperi
utili per qualcosa come una trasformazione radicale dell’esistente. Si
tratta di produrre armi necessarie per poterci muovere e per combattere
politicamente nel territorio sociale. Sono dei testi in-conclusi che
hanno l’ambizione non solo di essere letti, ma di essere usati da
chiunque pensi o sogni un altro mondo diverso da quello plasmato dal
capitalismo. Ragionamenti collettivi per fornire degli strumenti da
maneggiare, utilizzare, criticare e perfezionare, non per accattivare,
non per propagandare o esibire cultura. Teoria per e nella prassi.
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