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Yasmina Khadra, "Le sirene di Baghdad", Mondadori


Tutto è pacifico e tranquillo nel minuscolo villaggio di Kafr Karam, dove tutti si conoscono e sono uniti tra loro da legami di sangue. Non è certo il paradiso, ma gli abitanti sanno trarre pienamente profitto da ogni istante, sforzandosi di restare ai margini della guerra che sta devastando la non lontanissima Baghdad. Ma la sfortuna, sotto forma di un missile, si sta per abbattere sul villaggio, su una sala per le feste dove si sta celebrando un matrimonio. Davanti a questa catastrofe e al terribile spettacolo dei corpi mutilati, gli abitanti restano scioccati e quasi inebetiti. Si aspettano delle spiegazioni dall'autorità americana, qualche segno di attenzione e di riconoscimento per la tragedia che li ha colpiti. Ma prima gli americani si limitano a delle scuse formali per un episodio per loro nel complesso banale in tempo di guerra, poi mandano dei loro soldati nel villaggio perché sospettano che ci siano delle armi nascoste. Tutte le case vengono perquisite brutalmente e un giovane beduino di 20 anni è costretto ad assistere allo spettacolo della feroce umiliazione pubblica del padre a opera delle truppe USA. Dopo questo disonore, il giovane sa di non potere più guardare in faccia il padre: i tabù sono stati violati e l'unico obiettivo è ora vendicare questa offesa. Parte per unirsi alla resistenza a Baghdad, ma una volta giunto nella capitale resta ben presto deluso dalla guerra più civile che di resistenza che vi si sta svolgendo.

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